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Tim de Paravicini

Ho saputo della morte di Tim poche ore fa e ne sono ancora scosso.

Siamo ormai nel bel mezzo del lavoro di distribuzione di AS179, che non sarà più distribuito in edicola, e quindi sarò breve per scrivere poi un necrologio più lungo ed esauriente su AS180, durante le vacanze di fine anno.

L’ultima volta che ho visto Tim è stato con sua moglie, Oliva, e i loro due figli, Nevin e Avalon; erano a Milano, dove lui e Oliva stavano aiutando loro figlia a stabilirsi nel capoluogo lombardo per un anno per poter studiare alla Bocconi. Dopo, abbiamo cenato bene - con un vino favoloso, perché Tim era un raffinato conoscitore - e di quella serata meravigliosa ricordo soprattutto la lunga chiacchierata che ho fatto con lui sui tempi di riverbero delle cattedrali e su come le basse frequenze che si propagavano in quelle enormi costruzioni aiutasse la Chiesa a controllare meglio il suo gregge!
Ciò che ha fatto distinguere Tim dal resto della massa dei progettisti audio è stata la sua profonda conoscenza, unitamente a tutto ciò che aveva a che fare con la riproduzione del suono. Tim non è stato solo un audio designer, ma soprattutto un audiofilo molto colto. Veramente molto colto. Tanto per fare un esempio, Tim è stato molto interessato alla psicoacustica ed è stato uno dei pochi grandi esperti del suono che ho incontrato che ha davvero capito la musica, la sua emissione e come i segnali audio potevano manipolare le vibrazioni sia a livello di registrazione, sia di riproduzione.

Ecco perché EAR-Yoshino ha prodotto non solo componenti audio, ma anche apparecchiature professionali per gli studi di registrazione. Se amate così tanto i vostri LP Original Master Recording, dovete ringraziare Tim che ha prodotto tutta l’attrezzatura da studio necessaria per eseguire i mastering, senza dimenticare che ha anche prodotto attrezzature per altri famosi specialisti, come gli ingegneri dei trasferimenti Bod Ludwig e James Guthrie, ma l’elenco sarebbe infinito.
E parlando di masterizzazioni, Tim ne fece molte, in particolare quelle delle grandi registrazioni di Kenneth Wilkinson prodotte per la Reader’s Digest pubblicati dai fratelli Chesky. Mi ha raccontato molte storie interessanti a riguardo.

Con Tim ho un grosso debito, perché ha saputo indirizzarmi nella scelta delle metodologie e delle attrezzature riguardanti la produzione dei nostri LP per The Vinyl Collection, e ancor di più per quanto concerne i nostri nastri della The Reel to Reel Collection che arriverà finalmente a gennaio. Sono così triste per il fatto che non potrò inviargli le copie dei primi tre titoli. Infatti, gli avevo chiesto se potesse fare i mastering e lui mi aveva risposto con entusiasmo che avrebbe preso il suo Studer C 37, completamente ricostruito da lui, con testine a due tracce da un pollice a 50kHz (che aveva progettato personalmente) e che l’avrebbe portato con lui agli Abbey Road Studios per poter fare delle copie dei master originali. «Al massimo perderete mezzo dB», mi disse. Poi, purtroppo, si è ammalato e non se ne è fatto più niente.

Come tutti i veri grandi, gli piaceva più la musica che l’attrezzatura. Di ciò ne sono assolutamente sicuro. E se alcuni avrebbero potuto considerarlo a volte scortese e arrogante, beh, avrebbe potuto anche essere scortese, sì, ma non certo arrogante. Come tutte le persone che possiedono una profonda conoscenza, era in fondo umile, generoso e disponibile e molto “British”. Un giorno mi disse che aveva appena mandato a Paul McCartney uno Studer C o un J37, non ricordo esattamente quale, che aveva rifatto completamente. Gli chiesi se l’ex Beatles gli avesse fatto poi avere qualche commento. La sua risposta fu tipicamente da De Paravicini: «No, non ho avuto sue notizie e quindi immagino che gli sia piaciuto».

Quando volevo capire qualcosa sulla riproduzione musicale ho sempre chiamato due persone: Be Yamamura e Tim de Paravicini. Ora, senza di loro, mi sento un orfano.

A Oliva, Nevan e Avalon, Lucy e io inviamo le nostre più sincere condoglianze.

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